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Forgio l'Italia. Viaggio nelle Acciaierie di Terni.

Il progetto è ispirato dalle immagini del reportage tratto dall’Archivio Fintecna - Gruppo Cdp e realizzato dal maestro della fotografia Mimmo Jodice negli anni ’70 presso le acciaierie di Terni. In particolare, il racconto è accompagnato dagli scatti che ritraggono la grande pressa del Reparto Fucinature, simbolo dell’anima industriale della città al punto da essere stata collocata, una volta dismessa, come un monumento davanti alla stazione ferroviaria. Il grande macchinario parla in prima persona, raccontando dal proprio punto di vista il lavoro nella “Grande Forgia”, accompagnando il lettore in un ideale viaggio epico in un luogo denso di suoni, odori, fatica, teatro di una battaglia tra la macchina, la squadra di fucinatori e il lingotto da plasmare.

Archivio Storico Fintecna - Gruppo Cdp

 

FORGIO L’ITALIA

Viaggio nelle Acciaierie di Terni

 

I miei stampi sono grandi incudini.

Batto il lingotto come hanno sempre fatto i fabbri.

Ci vuole la precisione dell’artigiano e la forza di mille corpi.

Sono il braccio pesante del caposquadra.

Lo chiamano “mastro forgiatore”.

 

 

I pezzi sono sempre diversi, per peso e misure.

Escono dal forno incandescenti.

Si contorcono, stretti tra i denti della pinza.

Mandano bagliori che m’intimidiscono.

Per fortuna, non sono sola. Al mio fianco si muove la squadra del turno.

Sono stata progettata per essere guidata dalla mano dell’uomo.

E per realizzare, ogni volta, una nuova opera. Disegnata da altri uomini.

 

 

Davanti a me c’è il mastro forgiatore.

Studia il lingotto, sospeso tra noi.

Bisogna fare in fretta o il pezzo si raffredda.

E allora inizia la danza dei segni.

Il carropontista è in alto, nella cabina di comando.

Segue i gesti del mastro al millimetro, mi avvicina il lingotto.

Tocca a me, ora.

 

   

Mi abbatto sull’acciaio che brucia.

A ogni pressata lo piego, lo modello.

Se il lingotto si ferisce, ci sono i fiammellisti.

Sopportano il calore per chiudere le “cricche”.

Per curarlo.

Tra qualche mese sarà pronto.

Avrò la meglio su di lui.

Ne farò qualcosa di mio.

Darò forma a qualcosa di irripetibile.

 

E poi arriva il momento di separarmi dal lingotto forgiato.

Sarà il componente di un reattore nucleare?

Esplorerà gli abissi?

Giungerà in un cantiere navale?

Servirà a trasmettere energia?

Di certo si ricorderà di me, e si porterà addosso l’odore acre di metallo.

Quello che abbiamo respirato assieme in fabbrica.

Avrà memoria del sudore e della concentrazione degli operai.

Il loro coraggio e la loro volontà.

Il sangue freddo e la creatività

con cui hanno affrontato gli imprevisti.

Ma è tempo di ricominciare.

In questa mattina del 1970, c’è un altro pezzo d’Italia da forgiare.

 

La grande pressa di Terni, protagonista di questa testimonianza, è ritratta come una creatura viva e potente nei chiaroscuri delle immagini scattate nel 1970 dal grande fotografo Mimmo Jodice e oggi custodite nell’Archivio Fintecna - Gruppo Cdp. Questo gigantesco macchinario di 12mila tonnellate è così legato all’anima della città che, dopo quasi sessant’anni di attività nello stabilimento siderurgico, è stato smontato e rimontato, pezzo per pezzo, proprio di fronte alla stazione ferroviaria, nel dicembre del 1998. Da macchina industriale è diventato così un patrimonio e un segno identitario di un’intera comunità.

A lei il compito di dare un benvenuto a chi arriva, di lasciare a chi parte un’immagine di grande valenza simbolica.

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