racconti
Forgio l'Italia. Viaggio nelle Acciaierie di Terni.
Archivio Storico Fintecna - Gruppo Cdp
FORGIO L’ITALIA
Viaggio nelle Acciaierie di Terni
I miei stampi sono grandi incudini.
Batto il lingotto come hanno sempre fatto i fabbri.
Ci vuole la precisione dell’artigiano e la forza di mille corpi.
Sono il braccio pesante del caposquadra.
Lo chiamano “mastro forgiatore”.
I pezzi sono sempre diversi, per peso e misure.
Escono dal forno incandescenti.
Si contorcono, stretti tra i denti della pinza.
Mandano bagliori che m’intimidiscono.
Per fortuna, non sono sola. Al mio fianco si muove la squadra del turno.
Sono stata progettata per essere guidata dalla mano dell’uomo.
E per realizzare, ogni volta, una nuova opera. Disegnata da altri uomini.
Davanti a me c’è il mastro forgiatore.
Studia il lingotto, sospeso tra noi.
Bisogna fare in fretta o il pezzo si raffredda.
E allora inizia la danza dei segni.
Il carropontista è in alto, nella cabina di comando.
Segue i gesti del mastro al millimetro, mi avvicina il lingotto.
Tocca a me, ora.
Mi abbatto sull’acciaio che brucia.
A ogni pressata lo piego, lo modello.
Se il lingotto si ferisce, ci sono i fiammellisti.
Sopportano il calore per chiudere le “cricche”.
Per curarlo.
Tra qualche mese sarà pronto.
Avrò la meglio su di lui.
Ne farò qualcosa di mio.
Darò forma a qualcosa di irripetibile.
E poi arriva il momento di separarmi dal lingotto forgiato.
Sarà il componente di un reattore nucleare?
Esplorerà gli abissi?
Giungerà in un cantiere navale?
Servirà a trasmettere energia?
Di certo si ricorderà di me, e si porterà addosso l’odore acre di metallo.
Quello che abbiamo respirato assieme in fabbrica.
Avrà memoria del sudore e della concentrazione degli operai.
Il loro coraggio e la loro volontà.
Il sangue freddo e la creatività
con cui hanno affrontato gli imprevisti.
Ma è tempo di ricominciare.
In questa mattina del 1970, c’è un altro pezzo d’Italia da forgiare.
La grande pressa di Terni, protagonista di questa testimonianza, è ritratta come una creatura viva e potente nei chiaroscuri delle immagini scattate nel 1970 dal grande fotografo Mimmo Jodice e oggi custodite nell’Archivio Fintecna - Gruppo Cdp. Questo gigantesco macchinario di 12mila tonnellate è così legato all’anima della città che, dopo quasi sessant’anni di attività nello stabilimento siderurgico, è stato smontato e rimontato, pezzo per pezzo, proprio di fronte alla stazione ferroviaria, nel dicembre del 1998. Da macchina industriale è diventato così un patrimonio e un segno identitario di un’intera comunità.
A lei il compito di dare un benvenuto a chi arriva, di lasciare a chi parte un’immagine di grande valenza simbolica.