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I Monasteri femminili nella Diocesi di Alessandria

Archivio storico diocesano di Alessandria (43)
La storia della spiritualità femminile nella diocesi di Alessandria è legata alle presenze monastiche concentrate nella città e nei centri del territorio circostante. L’Archivio Storico Diocesano, conservato in Curia, con la sua ampia serie dedicata alle “Monache” è la sede privilegiata per ricostruirne le vicende. Un capitolo iniziale, di cui restano scarse tracce, è certamente quello dei fermenti evangelici collegati, fin dal momento della fondazione della città (1168), all’avventura degli Umiliati. Alessandria, centro importante degli Umiliati di Lombardia, ospita nel Duecento ben cinque case di questo movimento e in tre di queste si contano presenze femminili: le cosiddette “monache umiliate” che scelgono di vivere secondo rigorosi principi etici e, pur continuando a far parte del proprio nucleo famigliare, partecipano a momenti comuni di culto e di annuncio evangelico. Le Umiliate presto si fanno conoscere per l’abilità nella lavorazione dei panni di lana e nell’uso della tintura dal gualdo, una pianta colorante dalla tonalità indaco conosciuta come “oro blu” del Medioevo. Ma la stagione più ricca per la storia delle religiose alessandrine – e anche la più testimoniata nei documenti d’archivio – è certamente quella che partendo dalla fine del Duecento arriva fino alla Rivoluzione francese, anzi alle soppressioni del 1802, e coincide con la lunga storia della diffusione degli ordini religiosi regolari, da quelli mendicanti a quelli canonicali. Sono sette i monasteri che ospitano per secoli l’incessante ricerca della perfezione condotta dalle monache di Alessandria. I conventi sono vere e proprie città nella città e hanno una dimensione sociale ed economica rilevante, che sempre si accompagna a quella religiosa. Cinque dei sette insediamenti nascono tra il XIII e il XIV secolo (due di Clarisse, uno di Cistercensi, uno di Domenicane e uno di Agostiniane); altri due (Carmelitane Scalze e Orsoline) vedono la luce dopo il Concilio di Trento. Nel monastero di San Sebastiano, detto del Pozzolo, le monache Cistercensi vivono e pregano in comunità fin dalla prima metà del Duecento: dopo oltre cinque secoli di loro presenza attiva in città, un volume di metà Settecento ci presenta lo Stato e Bilancio dei redditi della comunità (doc. n. 4). Nel volume vengono riportati il “caricamento” e lo ”scaricamento” contabile di granaglie e prodotti vari provenienti delle masserie, di affitti e censi, dei salariati. Sotto la regola di Santa Chiara, sono due i monasteri di Alessandria. Quello di Santa Maria Maddalena, fondato intorno al 1230 dall’arcivescovo di Milano, viene ampliato sul piano edilizio grazie a una donazione della regina Sancia, moglie di Roberto d’Angiò. Di questo importante insediamento si conserva, tra l’altro, il Libro delle vestizioni, professioni e morti, che va dal 1571 al 1798 e costituisce una sorta di storia interna e, insieme, di anagrafe (doc. n. 2 – foto n. 1). Si tratta di un preziosissimo libro con coperta in pelle profilata in oro con due fermagli di chiusura in metallo. Il secondo monastero di Clarisse è quello di Santa Maria degli Angeli, poi di Santa Chiara, fondato nel 1401 dal nobile alessandrino Corradino Dal Pozzo. Di quel convento si conserva una dettagliata Cronaca, redatta da una delle suore, Cecilia Dellavalle, che ne ricostruisce la vita dalle origini al 1578. Intorno alla metà del Trecento già esisteva anche il monastero delle Domenicane, intitolato a Santa Margherita. Un insediamento ampio, con una propria chiesa, ben inserito nel cuore della città. La Nota dei beni, (doc. n. 7 – foto n. 2) redatta già in periodo giacobino, nel 1799, dà ampiamente ragione del rilievo economico che i conventi avevano ancora nella società di ancien régime. Il documento segue la circolare dell’Ufficio dell’Intendenza Generale con la quale si chiede al Monastero di presentare una “nota de’ beni ed effetti posseduti”. Anche l’antico convento delle Agostiniane, dedicato alla Santissima Annunziata, occupava un’ampia porzione del centro urbano. Fondato negli anni quaranta del Quattrocento, era dotato di una propria chiesa, rifatta per tre volte nel corso dei secoli. Della comunità agostiniana l’Archivio Diocesano conserva tra l’altro una interessante Nota degli uffici da distribuirsi tra le monache (doc. n. 5 – foto n. 3). Nel documento si leggono i compiti assegnati alle religiose, ad es.: “maestra delle novizie, coriste, sacrestane, portinaie, infermiere, alla cura della lingeria, al reffettorio, alla cantina…”. Un altro convento femminile dell’ordine di Sant’Agostino era presente nel vicino centro di Castellazzo Bormida: di esso si conserva un Ricordo della visita compiuta nel 1773 dal vescovo Giuseppe Tomaso De Rossi (doc. n. 6). In questo documento Mons. De Rossi, dopo la morte della superiora, ordina alle suore, affinché “la nave non ondeggi senza pilota”, di riconoscere e stimare come “superiora interinale” la suora più anziana. Di fondazione più recente, come abbiamo detto, sono altri due monasteri risalenti alla seconda metà del Seicento. Si tratta del convento dei Santi Giuseppe e Teresa, delle Carmelitane Scalze, e di quello di Santa Maria dell’Olmo, prima affidato alle Agostiniane di Castellazzo Bormida e poi, dal 1711, alle Orsoline. Della comunità monacale intitolata ai Santi Giuseppe e Teresa, costituita nel 1670, possediamo le informazioni che sono contenute in importanti documenti che hanno per titolo Stato delle monache abitanti nella città di Alessandria, catalogo e relazione sui monasteri di clausura, risalente all’epoca delle soppressioni napoleoniche (doc. n. 8 – foto n. 4). Tra questi vi sono un “Catalogo delle Monache secondo l’anzianità” e una “Relazione dei monasteri di religiose di clausura nella città di Alessandria prima della nota generale soppressione seguita nel 1802”. In quel momento i conventi cittadini erano sei e tra questi vi era anche una casa, ossia congregazione di Orsoline senza clausura: Santa Chiara, Santa Maria Maddalena, San Sebastiano detto di Pozzolo, Santissima Annunziata, Santa Margherita, Santa Teresa. Del monastero di Santa Maria dell’Olmo, stabilito nel 1674, si possono consultare, ad esempio, le interessanti Regole prescritte alle Orsoline della città di Alessandria (doc. n. 10). Sono più registri di regole, tra i quali uno caratterizzato da una bella etichetta decorata a mano a motivi floreali. Con l’età francese i conventi, sia maschili che femminili, vengono soppressi, i loro beni incamerati dallo Stato e i monaci e le monache allontanati dalle case. A causa di questi provvedimenti, replicati poi dallo Stato unitario nel 1866, oggi le sedi conventuali non esistono più o sono state stravolte e destinate ad altre funzioni (spesso militari, talvolta come sedi di uffici pubblici). Il XX secolo, con l’affievolirsi degli orientamenti verso la vita contemplativa e liturgica, ha visto un ritorno degli ordini femminili orientati verso forme di devozione caritativa e assistenziale. Nella realtà alessandrina due le realtà particolarmente forti, rappresentate dalle congregazioni delle Piccole Suore della Divina Provvidenza e delle Suore Immacolatine. Madre Teresa Grillo Michel nel 1893 inizia le prime attività in favore degli ultimi e l’anno successivo apre il “piccolo Ricovero” in Alessandria. Dopo l’avvio dell’Istituto Divina Provvidenza (1927), nel 1935 la Congregazione riceve il riconoscimento della Santa Sede. Madre Carolina Beltrami fonda nel 1898 l’Opera Pia dell’Immacolata e avvia un laboratorio per giovani operaie indigenti. Presto la congregazione apre nuove case ad Alessandria, Asti, Ivrea e Quargnento (doc. n. 12: Case della Congregazione 1898-1920). Tra i vari registri di contabilità presenti si trova quello della casa di Alessandria con le entrate ed uscite del 1919. L’Archivio Storico Diocesano conserva una importante serie di Lettere manoscritte della Fondatrice (doc. n. 14). Tra le lettere si trova quella in cui suor Carolina Beltrami si lamenta dell’ufficio, appena assegnatole, di tesoriera, per il quale non si sente portata (primo decennio sec. XX).
Cooperativa Arca e Dott. Roberto Livraghi

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